Michela Pagarini
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Ode alla butch e amen per chi non capisce

Ode alla butch e amen per chi non capisce

Se c’è un sentimento che provo da sempre, questo è l’amore per le butch. E’ una passione totale e profonda, di quelle che non si spiegano ma che sento forte e chiara, senza tentennamenti né dubbi. Ce l’ho da quando ho scoperto dell’esistenza delle lesbiche, avevo 16 anni e volevo vedere questa specie di donne sentita nominare e mai vista: quando le ho incontrate è stata la folgorazione, erano stupende.delaria_sp15_expanded

Allora erano perlopiù donne enormi, vestite di flanella a scacchi che riempivano un lato dei locali, rigorosamente sempre lo
stesso, nelle serate lgbt. Con un aspetto mutuato direttamente dall’America anni 50, un po’ worker e un po’ female-man, potevano bere più di un camionista dell’est e terrorizzavano tutti i miei amici gay che non capivano perché, con “tante belle donne in giro per il mondo”, io mi incaponissi proprio con questo genere di soggetti che li guardavano con aria trucida e – a loro dire – assolutamente minacciosa. Io le adoravo, mi sembravano delle specie di supereroine, il meglio del maschio e della femmina, insieme.

Allora non lo sapevo, ma questa non comprensione del mio desiderio, spesso accompagnata da giudizi affilati,  mi avrebbe seguita sempre,  comparendo a prescindere dal contesto più o meno ogni volta che l’avessi espresso. La domanda, esplicitata o meno, è sempre la stessa: “se non vuoi una donna-donna, perché non vai con i maschi?”. Fortunatamente, gli lip-service04oggetti-soggetti della mia passione invece comprendono perfettamente  e ricambiano, da sempre in loro trovo una corrispondenza profonda e totale, ci riserviamo una forma di preferenza assoluta e reciproca che mi rende felice ogni volta che si verifica.

Passa il tempo ma questa certezza rimane, io e loro ci incontreremo sempre.

Stone butch, si chiamavano una volta. Le donne di pietra, le intoccabili. Oggi la maggior parte preferisce non definirsi, forse si sono stancate delle etichette, di essere messe in discussione, criticate, interrogate, soprattutto dalle altre lesbiche che più di tutti ci vanno giù pesante, o forse la forza è la stessa ma fa più male perché la sassata arriva dall’interno.

A 25 anni, a furia di fantasticare, mi sono trovata fra le braccia della mia butch immaginaria, da allora non ci siamo più lasciate. Compagna fedele di notti e fantasie, perfetta nell’aspetto quanto nei modi, ruvida il giusto, appassionata, fragile in segreto, spaccona quando beve, taciturna e intelligente, non sbaglia un colpo, mi tiene le mani addosso e gli occhi negli occhi.

La mia passione nel tempo non è mai cambiata, è cresciuta leggendo i libri che parlavano di noi, si è nutrita degli incontri che ho vissuto, è esplosa quando mi sono trovata fra le mani Stone Butch Blues. Fra le pagine di Feinberg ho capito tutto, ho dato un nome ai miei sentimenti e a quelle donne che mi mandano in confusione senza far nulla, solo per il fatto di essere loro stesse.

Fortuna vuole che, quando il loro sguardo incrocia il mio, spesso il piacersi sia reciproco e a quel punto quel che accade è l’incontro di un maschile e di un femminile fra due donne, se così vogliamo intenderli, che si incastrano alla perfezione.

L’altra sera è successo di nuovo. In un incontro di autocoscienza, una donna – una storica femminista, di lungo corso e grande intelligenza – mi ha chiesto candidamente se non farei prima ad andare con gli uomini, dato il tipo di donne che mi piace.

Ho sentito un tonfo dentro. jenny

Una piccola crepa antica che ha ripreso a fare acqua, come ogni volta che qualcuno ci inciampa o la colpisce volontariamente. Ho risposto con una battuta, era troppo difficile, troppo intimo, troppo profondo il punto da cui avrei dovuto partire per risponderle davvero.

Dopo l’incontro, le altre lesbiche presenti sono venute a una a una a parlarmi. Chi era arrabbiata, chi infastidita, chi delusa o dispiaciuta per quell’uscita. Mi ha consolato tanto questo sentire comune, una reazione condivisa anche se con linguaggi e motivi differenti, a chi finge di comprendere e poi non ce la fa, al tentativo di appiattimento che sempre e da sempre ci insegue, all’insensatezza di chi fa il femminismo e poi ragiona soltanto in un’ottica dicotomica maschi/femmine.

A chi crede che lesbica sia un aggettivo, o un termine come tanti, e comunque un tratto della personalità non più rilevante della connotazione professionale o socioculturale. Non è nemmeno un aggettivo, peraltro, per quanto mi riguarda è un sostantivo.

In tutto ciò, il mio pensiero stamattina va, di nuovo, alla mia passione di sempre. Alle lesbiche che non fanno un passo indietro, che si vedono lontano un chilometro, quelle che per essere loro stesse pagano prezzi altissimi, che non possono scegliere se “venire fuori” oppure no, perché glielo si legge in faccia da quando avevano 3 anni.

leslie-feinberg-stone-butch-bluesGrazie, per la battaglia che fate a nome anche di chi non lo sa, anche per quelle che vi dicono che dovreste essere “un po’ meno”, “un po’ più”, “un po’ diverse”, Anche a beneficio di chi non capisce tutta questa bellezza, la potenza, l’intensità di cui siete portatrici. E naturalmente grazie di riempire, ancora e sempre, il mio immaginario e le mie notti, vere o fantastiche.

Grazie di esistere, a tutte le butch.

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