Sesso, parto e violenza: tutto sulla nostra pelle
Oggi penso e ripenso a un ricordo. Corso preparto di un paio di anni fa, a Milano. Una collega in attesa del primo figlio mi racconta che il medico apre l’incontro con questa premessa: “preparatevi al dolore, ma cercate di non fare troppe scene. Certo, voi siete quasi tutte italiane e insomma state nella media. Le nere invece appena le tocchi urlano come se le stessero sgozzando, le cinesi non fanno un fiato, ma arricciano la faccia come delle scimmie. Sono quelle che mi danno più fastidio”.
E lei che me lo racconta come fosse normale, quasi contenta di essere nel gruppo “giusto”, le bianche decorose.
Sabato scorso, alla Casa Delle Donne di Milano, intervento di una ginecologa che racconta: “tutti pensano che io veda la violenza solo al servizio di soccorso violenza sessuale, ma io la vedo tutti i giorni. Il mio lavoro di base è pieno di ‘Dottoressa mi può scrivere che non posso avere rapporti, per favore? Altrimenti lui si arrabbia’. ‘Dottoressa, può darmi degli antidolorifici? Perchè mi fa male, ma se gli dico di no poi devo stare sveglia tutta la notte a litigare’ ‘Dottoressa può mettermi la spirale senza che lui se ne accorga? Perchè se scopre che non voglio più figli la mia vita diventa un inferno. Eccetera’.
La violenza, ancora e sempre, è sui corpi delle donne, anche quando l’esito non è un occhio nero.
Perchè non ci hanno insegnato a dire di no, ci hanno insegnato a sopportare il dolore, a resistere, a non lamentarci, come fosse una virtù. Ed è uno sforzo pazzesco provare a cambiare questo schema senza sentirsi in colpa, in ansia, o tutte sbagliate. Ma un’altra via non c’è, almeno per noi che siamo già grandi. Ma se avete figlie, nipoti o altre piccole donne a portata di mano, fate loro un favore, un premio per ogni bel no che riescono a dire, almeno finchè non hanno imparato a distinguersi dal mondo. Il resto s’aggiusta.