Michela Pagarini
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Il 2016 delle vergini!

Il 2016 delle vergini!

Pare che il 2016 sarà l’anno della vergine, primo posto assoluto in 12 mesi che si prefigurano fantastici soprattutto per noi, gemelli e capricorno (diciamo almeno per chi del capricorno è sopravvissut* agli ultimi anni).

Io ci sono arrivata con due grossi salti, partendo da un 2014 che era stato per me un anno faticoso, chiusosi però con tre bei germogli che credevo di pino nano e invece si sono rivelati essere di baobab. Nel caos totale di decostruzione di una vita senza logica apparente, in quei mesi entravo più seriamente nel progetto  Casa delle Donne di Milano,era uscito da poco Nuda – racconti erotici e contemporaneamente compravo casa. Senza avere la minima idea delle conseguenze di questi tre passi.img_5277

Il 2015 è stato l’anno dell’espansione, e quelle tre cose apparentemente senza grande senso generale, hanno ramificato e dato struttura alla mia vita.

Perciò, la casa ha significato basta treni, basta alibi per sentirmi a disagio, basta scuse per non essere mai da nessuna parte, basta piangermi addosso perché i miei libri erano chiusi in uno scatolone chissadove come fossero la mia anima, basta avere freddo, basta l’indistinto va bene tutto perché tanto non va bene niente.

La Casa delle Donne (e quello che mi ha portato con l’esperienza del gruppo comunicazione, del gruppo autocoscienza, del direttivo, della copresidenza, del femminismo), mi ha dato uno spazio di esercizio di pensiero mai provato prima. Nessuna a dirmi cosa pensare o fare, assemblee, riunioni e direttivi con le spalle scoperte e tutte le donne davanti, ovvero puoi dire ciò che vuoi ma poi ne risponderai soltanto tu.

Ho scoperto che sono emotiva, che ho paura del conflitto, che la laicità è per me più importante dell’orientamento politico, che appaio meno di sinistra di quanto io mi senta, che il femminismo mi corrisponde, mi si confà  e mi cambia più velocemente di quanto avrei creduto. Che sono capace di avere delle amiche, di assumermi responsabilità, di battermi per quello in cui credo, che non so dire scusa ma mi dispiace sì, che sembro sicura e posizionata nelle mie idee anche quando dentro mi sento un esserino spelacchiato con un  rivestimento di gommapiuma di tre taglie più grande.

Ho scoperto che so costruire relazioni all’insegna della reciprocità, che se tengo a qualcuna tengo duro, che alla fine me ne frega meno delle risposte che delle domande, perché quando mi faccio domande mi sento intelligente, quando trovo le risposte mi viene il dubbio che siano sbagliate.

Poi c’è Nuda, nato leggendo un post su facebook che parlava di un nuovo progetto editoriale lesbico a cui ho mandato un paio di racconti erotici scritti tanti anni prima. Sono saltata sulla sedia quel giorno, perchè  per la prima volta qualcuno rispondeva e stava rispondendo di sì (thanks Sarah Sajetti). Ne ho poi dovuti scrivere altri 20 per avere il numero minimo, li ho guardati prendere il volo la notte di natale, pensando che nessuna li avrebbe mai letti, ma che almeno quando sarei stata vecchia avrei potuto tirarmela alludendo a dei fantomatici racconti erotici pubblicati in gioventù. Invece è successo di tutto: 17 presentazioni in un anno, da Trieste a Torino passando per Roma, Bologna, Trento, Firenze e via così, dal circolino alla libreria, dall’articolo su Libero all’intervista su Grazia, dal podcast a Lezpop.10849812_759390397460104_8693855433610682690_n

Quando ho capito cosa stava succedendo, la ruota stava già girando e io, la donna invisibile che mai aveva preso parola in pubblico e tutto avrebbe pensato fuorchè di imparare a farlo rendendo conto del suo immaginario erotico, ho detto di sì a tutto. Terrorizzata e agitatissima da ogni novità, spaventata dall’idea di sbagliare i congiuntivi e di avere la voce strozzata dall’emozione, di dire idiozie e di non avere il livello culturale minimo per giustificare il diritto di scrivere che mi ero arrogata, preoccupata di essere identificata con una panterona e allo stesso tempo consapevole che a una presentazione ci vai nella tua veste migliore, che nel mio caso un po’ pantera è.

Le presentazioni alla fine le ho affrontate sempre così: scegliendo con cura il vestito e le scarpe, sperando sempre che qualcosa, nei contenuti o nella scrittura, bastasse perché chi quella sera aveva scelto di rinunciare al divano per venirmi a sentire non si pentisse della scelta.

Il resto non so, la sensazione è che in qualche modo mi sia sempre andata bene.

Il 2016 per me inizia da qui, su questo. Cioè, non so a chi devo dirlo, ma Grazie!!!!

E buon anno a tutt*

Tags:

anno nuovo femminsmo progetti progettualità risultati

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